scrivere per vivere vivere per scrivere

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La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM

martedì 16 febbraio 2016

Facezie in merito all'insostenibile leggerezza del... persistere



Vi propongo uno spunto di riflessione. 
La situazione politica, sociale, economica, meriterebbe ben più ampie discussioni di quelle scaturite dopo le notizie dei vari telegiornali. Voglio spingere quindi il livello di provocazione proponendo un passaggio di Silvano Agosti. Un artista a tutto campo, un filosofo, che dice cose necessariamente forti usando concetti brutali. Paradossi. Calci in culo. Parole che solo un poeta può essere in grado di dire, perché libero.
Non voglio nemmeno sottolineare quanto mi trova concorde la linea - non linea di questo grande intellettuale, non è importante e non è necessariamente vero che io sia in sintonia con lui. Ho vissuto tutto questo come una provocazione. Certo è che mi son trovato a pensare molto attentamente su ciò che il sistema attuale offre. Ascoltando Agosti non si percepiscono disamine pacate, se non nei toni e nella modulazione della voce, ma scrolloni e schiaffi verso la morale corrente. Siamo realmente schiavi senza catene? Non mi riferisco alla prigionia di fatto, ma piuttosto alla libertà intellettuale che "dovrebbe" portare a non ripetere vecchi schemi. Alla valorizzazione delle qualità imprescindibili dell'uomo che sono altro rispetto ai valori imposti dal potere, che sono altro rispetto all'umanità.
Ascoltate questi pochi minuti di dialogo.

Ognuno tragga le sue conclusioni.





© 2016 di Massimiliano Riccardi

24 commenti:

  1. Mah, onestamente ci vedo solo un bel po' di qualunquismo radical chic.
    "Loro" mi costringono a lavorare... Chi sono "loro"? Non è giusto che io lavori? Va bene, allora torniamo a come si faceva un tempo. Ognuno ha il suo pezzo di terra e lo coltiva, perché non può pretendere di mangiare senza fare nulla, no? O meglio: si può, qualcuno lavora la terra e qualcun altro mangia il prodotto. Ma il secondo dei due non è un parassita? E la casa in cui vivo? Me la devo costruire da solo, giusto? Non posso pretendere di non lavorare e di avere una casa che ha costruito qualcun altro.
    Quindi basta lavorare cinque o sei giorni a settimana, mettiamoci a coltivare la terra. Ma si coltiva da sola? Non è lavoro e fatica anche questa?
    E poi, il solito discorso sull' "occidente cattivo" che vive alle spalle del resto dell'umanità. Come se tutti noi occidentali dovessimo sentirci malvagi, anzi, no siamo vittime perché ci fanno lavorare sei giorni a settimana. Anzi, no, siamo malvagi perché viviamo sulle spalle del terzo mondo. Infatti io, lavorando, rubo denaro all'Africa. Anzi, no, lavorando sono vittima del sistema. Anzi, no, lavorando sono uno schiavo "loro".
    Loro chi? Le grandi corporazioni? Gli USA? La spectre? Sono quasi sicuro che il mio datore di lavoro no appartiene a nessuna delle tre, e neppure alla massoneria. E comunque le grandi corporazioni hanno sede anche in Oriente e, ormai, pure in India e in Sudamerica (autoctone, non filiali di corporations statiunitensi).
    Ridurre l'orario di lavoro? Va bene, ma quando i profitti diminuiscono il problema si ripresenta daccapo. La ditta in cui lavoro io e milioni di altre ditte non sono di proprietà di Soros o di Morgan & Stanley. Quando non hanno più soldi chiudono.
    Preferisco uno che dice in quattro parole: torniamo al sistema misto. Oppure, meglio ancora: rifacciamo il socialismo reale. Più coerente, meno qualunquista, più mirato nel proporre un'alternativa al sistema attuale. Ovviamente significa uscire dalla UE, dall'euro, mandare a quel paese il Fondo Monetario Internazionale e così via.
    A me sta anche bene. Facciamolo pure, fondiamo l'Unione delle Repubbliche Socialiste Italiane, diventiamo diversi come Cuba. Lo ripeto, a me starebbe bene. Non so se starebbe bene alla gente come Agosti...

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    1. Ariano, sapevo di suscitare reazioni simili alla tua, anche perché le tue sono riflessioni che ho fatto anche io. Ripeto ho vissuto la cosa come una provocazione. Non fine a se stessa comunque, piuttosto come una critica sul tipo di società che ci siamo costruiti, che privilegia tutto meno che l'uomo.

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  2. Sinceramente sono d'accordo fino ad un certo punto, probabilmente perché sono tanti anni che sento fare questo tipo di discorsi ma poi all'atto pratico nessuno fa mai niente per cambiare lo stato delle cose.

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    1. Ciao Nick, credo che se si continuerà su questa strada il cambiamento avverrà, e sarà doloroso. Troppe persone sono alla fame e non vedono un futuro. Resta il fatto che quella di Agosti è una bella provocazione, e non è nemmeno recente, lui è dagli anni '60 che parla di certe cose.

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  3. "Lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede, quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà".
    Chissà in che modo Agosti riuscirebbe a non sentirsi più schiavo dell'incapacità di vedersi libero!

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    1. Marina, rispondi a un paradosso con un paradosso. Grande. Comunque invito tutti, non riguarda te, parlo in generale, a non soffermarsi sullo specifico di questo stralcio di discorso, c'è di più, molto di più dietro a Silvano Agosti artista.

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    2. C'è un modo di dire le cose che accomuna tutti i filosofi che sanno giocare bene con i pensieri, ma privandoli di ogni forma concreta. Lui avrà pure provocato e ho capito anche il tentativo di porre l'accento sull'uomo visto come parte centrale dell'universo, ma onestamente non sta in piedi la sua teoria del lavoro che provoca schiavitù! Mica si campa d'aria e belle parole!

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    3. Certo Marina, anche io la penso come te, ma credo che lui volesse porre l'accento sullo sfacelo di questo sistema socio economico che ha massificato e appiattito. Calcola che sono discorsi che lui porta avanti da decenni e infatti il video è datato quindi va contestualizzato. Ero curioso di vedere il tipo di reazione proponendo questo spezzone. Personalmente ciò che faccio come lavoro credo mi caratterizzi, quindi... ma se estrapoli le sue parole e le riconduci al semplice cercare di non farsi omologare, non dice sciocchezze. Sul discorso Occidente- Oriente, anche io come Ariano mi sono un po' stufato.

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  4. Secondo me una simile filosofia di vita può adattarsi al massimo all'uno per cento dell'umanità. L'altro novantanove per cento andrebbe nel panico a trovarsi con un sacco di tempo libero.
    Ho conosciuto persone che occupavano il tempo libero dal primo lavoro con una seconda o anche terza occupazione. E altri che subito dopo essere andati in pensione si sono fatti venire un cancro.

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  5. Dai Ivano tremendo, pensa a te stesso senza l'obbligo di lavorare, la possibilità di dedicarti all'arte, alla letteratura, ai viaggi. Comunque, scherzi a parte... tu hai capito il tipo di provocazione.

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  6. Vado controcorrente, ma devo dire che mi sento in sintonia con questa provocazione. Sarà che negli ultimi tempi sento proprio che mi stanno derubando una bella fetta di vita, a volte torno a casa la sera così stanca dal lavoro che non ho la forza di fare d'altro, quindi rinuncio a uscire con gli amici, rinuncio a leggere, rinuncio ad andare a una mostra, a un museo e a tante cose. Secondo me è giusto lavorare ma con dei ritmi più umani, invece il lavoro diventa sempre più complesso, le scadenze sempre più pressanti e ravvicinate e gli stipendi sempre più bassi. E io sono fortunata perchè ho il week end libero, ma una mia amica che lavora nella grande distribuzione spesso ha il turno la domenica e per lei è diventato un problema stare in famiglia con marito e figli...tanto per fare un esempio. Io a pensarci mi

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    1. Ti capisco, infatti ho specificato nel post che il discorso di Agosti era una provocazione, brutale e offensiva ma proprio per questo adatta a scuotere. Ovvio che è necessario lavorare, il concetto è soffermarsi sul ritmo schizofrenico che ci impone questo tipo di società, sul delirio che progressivamente ci allontana da noi stessi per essere esclusivamente degli automi che nascono, lavorano, mangiano, cagano e muoiono. Tutto lì. Mi piaceva vedere il tipo di reazione di fronte allo schiaffo metaforico del sentirsi dare dello schiavo. Anche io ho provato più o meno le stesse sensazioni che altri hanno descritto nei commenti, figurati se non mi rendo conto del fastidio che si prova. Tanto più che Agosti è uno sceneggiatore, un regista, un poeta, un documentarista, ha gestito un teatro/cinema d'avanguardia, ha sempre lavorato e lavorato sodo per l'arte, è lui il primo che non ha lasciato spazio alle speculazioni sterili. Per una volta ho voluto tentare di proporre una visione non in linea con il sentire comune, ho fatto violenza a me stesso. Credo che cultura sia anche questo, cimentarsi con "visioni" che non riconosciamo come nostre o quantomeno non del tutto assimilabili al nostro sentire. Altrimenti diventa il giochino del gruppo di amici che se la cantano e se la suonano da soli.

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  7. Non avevo finito...a pensarci mi viene una gran rabbia, ma tanto non possiamo farci niente...
    A proposito non c'entra niente ma ho finalmente il tuo libro :-)

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    1. Ho visto su fb, grazie. Sono contento, spero che il romanzo ti piaccia. Lo spero davvero. Un bacione Giulia

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  8. Sono d'accordo in parte con le considerazioni di Agosti e in parte con quelle espresse in alcuni commenti. Penso sia necessario fare dei distinguo sul concetto di lavoro: credo che un'occupazione alienante, fatta senza passione, con l'unico obiettivo di avere uno stipendio alla fine del mese, spesso appena sufficiente per sopravvivere, sia abbastanza simile alla schiavitù, ovvero alla privazione di una parte importante del proprio tempo, della propria vita. Personalmente ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace, quindi non lo vivo in maniera così oppressiva (ovviamente ho anch'io i momenti in cui vorrei fare altro e ritengo di non avere in cambio una contropartita adeguata, ci mancherebbe), ripeto, mi ritengo un privilegiato. Comunque, d'accordo o meno, è una provocazione che fa riflettere.

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  9. Agosti grandioso, senza peli sulla lingua, diretto, ma pensiamoci bene..davvero..ma come stiamo vivendo..schiavi senza catena, lecca pavimenti,non certo per 2500 euro al mese, questo è un piccolo appunto!E la risposta all'intervistatore ? Biblica..schiavo e difensore del sistema...troppo bravo troppo forte..
    Grazie Massi..bacissimo!

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    1. Ciao Nella, Agosti è un personaggio. Peccato lo conoscano in pochi, è un paria per tutte le televisioni, ha fatto la stessa fine di Luzzati.

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  10. L'uomo è stupido e mai sarà possibile vivere come dice il pensatore. Tutto bello quel che afferma, in teoria. In pratica è impossibile. Sulla schiavitù, taccio. Perché gli schiavi ci sono pure per l'ignavia. L'occidente ruba, ma lui e noi dove viviamo? Cosa facciamo per non rubare? Tutti col culo sul Suv e con l'iPhone? E cavolo, via... Chi lavorerebbe meno rinunciando a un benessere inutile e per dare pari dignità all'altro? E sa, Agosti, che esiste ancora ed è diffusa la schiavitù da lavoro per sopravvivenza?
    Brutto periodo per me XD C'ho la polemica facilissima!
    Tu ci vedi provocazione, ma chi provocherebbe Agosti? Se stesso, forse?
    Ciao XD

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    1. Glò, incredibile Glò. Lo sai che hai proprio beccato il punto. Ma io non avevo dubbi. Non ci vedo nulla di polemico in quello che dici, solo voglia di dire la tua. Quello che dice Agosti nei pochi minuti che ho proposto, è eccessivo, è come quando per farti ascoltare da qualcuno ti metti a battere le mani e a urlare, ha usato quel tipo di parole per dare uno scrollone. Poi c'è chi si sofferma sul battimano e chi analizza i concetti. Stiamo parlando di un intellettuale vero che ha rischiato di suo e prodotto opere. Che ha lavorato con Bellocchio, Morricone, Liliana Cavani. Censurato per le sue idee, osteggiato. Amatissimo all'estero, come al solito.

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  11. Diciamo che concordo più con la maggioranza dei commenti che con Agosti. Capisco però che la funzione dell'intellettuale è quella di scavare dentro al problema e andare avanti, cioè proporre soluzioni utopiche per riuscire ad avere il minimo. Mi spiego: se io voglio da una cosa '50', devo chiedermi di arrivare a '100'. Se voglio una vita dignitosa, che sia vita e non schiavitù, devo capire che il lavoro non è tutto; ma devo anche capire che senza il lavoro (giusto e onesto!) non potrò avere una vita dignitosa che non sia schiavitù. Tutto sta nel dare il giusto peso alle cose. Agosti puà fare quei discorsi perché probabilmente il suo lavoro non lo obbliga a timbrare un cartellino e ad aspettare che il giorno stabilito per la paga (si spera equa) effettivamente ci siano i soldi sul conto corrente (ho passato 10 anni a lavorare in una cooperativa e so cosa significa pregare tutti i santi del calendario che ogni fine mese arrivasse il bonifico per pagare i conti). Ma vorrei chiedergli quante volte ha accettato di fare un'intervista a pagamento perché aveva la rata del mutuo o la bolletta da pagare. La sua sarà una schiavitù 'dorata', ma pur sempre schiavitù. Quindi prendo il tutto come, appunto, una provocazione necessaria. Senza voler giudicare la sua vita personale, che io sappia i più grandi pensatori erano tutti poveri e sono morti nella miseria, perché non piegavano i loro ideali alla molto diversa realtà.

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    1. Ciao Juan, come dici tu, prendiamo tutto come una provocazione necessaria. Devo ammettere che ho un po' giocato. Per affrontare il tema della crisi e della devastazione socio culturale ho scelto di far parlare qualcuno che, provocatoriamente appunto, non si lancia contro il potere ma dice a tutti noi che siamo stupidi, degli schiavi volontari. Era ovvio che si trattava di un paradosso, di un battimano urlante come dicevo a Glò. Avendo letto e visto molto dei lavori di Agosti so come la pensa. Come hai detto tu, l'intellettuale scava, va avanti, provoca, indica la strada. Poi sta a noi soffermarci a discutere del dito piuttosto che della luna che ci viene indicata.

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  12. Agosti cita le vecchie lire, di conseguenza quello è un discorso di almeno una quindicina di anni fa nella migliore delle ipotesi. Nessuno ha notato che due milioni e mezzo al mese erano un'utopia per il 99,9% dei lavoratori? Ma quando mai? Magari! Per quei soldi mi sarei inchiodato ad una croce, altro che palla al piede. Tutto questo lascia pensare che una sparata del genere ha un senso ma solo fino a un certo punto. Quindici anni fa il mondo era molto diverso di adesso. Quei due giorni alla settimana di libertà erano più che sufficienti, perché quindici anni fa, usciti dal lavoro, si riusciva a staccare la spina. E come la staccavo io la staccava pure il datore di lavoro. Oggi è diverso. Oggi il datore di lavoro controlla sul Facebook quello che fai nel weekend. Se posti cazzate inerenti alla tua vita, ai tuoi interessi, alle tue passioni, il tuo datore di lavoro ti rompe i coglioni. Viceversa se dimostri attaccamento incondizionato alla causa, pubblicando sui social recensioni del nuovo prodotto lanciato dalla tua azienda, allora stai facendo quel che è giusto fare nel tuo tempo libero. E poi mi chiedono come mai uso uno pseudonimo...

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    1. Si Tom, il discorso è molto più vecchio di 15 anni fa. Non fa una piega il tuo ragionamento, resta il fatto che sempre di più ci siamo fatti schiacciare, le lotte, le conquiste dei nostri vecchi sono finite nel cesso. Siamo in balia di fenomeni incontrollabili da noi semplici cittadini. Nessuno ha la forza di ribellarsi se non a chiacchiere e con moti di "vibrante protesta" da circolo ricreativo. Stanno smantellando la società civile settore per settore. Tocca a quelli dell'Ilva... ci dispiace ma non si fa nulla, non facciamo nulla. Tocca ai piccoli imprenditori...idem, e via così. Niente più solidarietà, niente più lotte. Negli anni sessanta/settanta si scendeva in piazza e si spaccavano i culi per difendere diritti sacrosanti. Il controllo delle nostre vite è delegato a gruppi sovranazionali che controllano il mercato delle materie prime e dei beni di consumo. Alle volte sembra di essere la formichina che si crede libera e che tutto il mondo sia suo, ma che non si accorgere di essere in una teca di vetro con percorsi, terra e pietroline sistemate ad arte. A quelli che si sentono furbi, indipendenti, sopra gli altri solo perchè da un giornale, al bar, da un blog, in un gruppo di amici si permettono il lusso fare gli anarchici, indipendenti, colti intellettuali, dico: " prova a metterti contro il sistema sul serio, prova". Non hanno nemmeno bisogno di arrestarci o fucilarci, basta una cartella di equitalia per farci il mazzo. E tutti zitti... sino a che tocca agli altri.
      Fai bene a usare uno pseudonimo.

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