scrivere per vivere vivere per scrivere

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La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM

venerdì 28 agosto 2015

Sul sentire comune, scorci e frammenti


Nei giorni scorsi ho letto due post, di due blogger con caratteristiche diverse ma con lo stesso amore per la rievocazione e l'omaggio a cose passate: Patricia Moll con il suo Mirtylla's House e Cristina con Athenae Noctua.
Nel leggere i loro post, ho subito ritrovato frammenti della mia infanzia, non necessariamente legati a quello che avevano scritto. Immagini color seppia, che si muovono a scatti come nei vecchi film. Sono gli scherzi della memoria, basta un dettaglio perché si metta in moto con dinamiche apparentemente casuali. La memoria, quasi come un corpo vivo, che fluttua leggero nello spazio del comune sentire e che ogni tanto sfiora sensazioni e pensieri lasciati liberi da chi sa chi traendone energia. Come tutto ciò che riguarda le vecchie pellicole segni di bruciatura e distorsioni, ma anche tanta struggente nostalgia mista a divertimento nel rivederle.
Ho ripensato a me stesso dodicenne, al mio vecchio professore di lettere, a un compito a casa inusuale e deliziosamente intrigante per un bambino.
« Ragazzi, domani mattina, durante percorso che fate per venire a scuola, provate a camminare tenendo lo sguardo un po' più alto rispetto alla linea dell'orizzonte. Cercate di guardarvi intorno con attenzione, soprattutto guardate su, verso le finestre, i cornicioni dei palazzi. Osservate i dettagli. Ovviamente cercate di non investire gli altri passanti e di non finire sotto una macchina.»
Ci fu una risata generale. Tutti felici e sollevati per lo scampato pericolo in merito alla possibilità di dover studiare a memoria la solita sbobba, ce ne andammo a casa.
Ma tant'è … La curiosità e la novità della cosa mise radice.
Il giorno dopo, uscendo di casa, percorro  salita Santa Brigida con a destra il palazzo della Famiglia Dufour e i suoi frontoni decorati in evidente contrasto con i palazzi sull'altro lato di aspetto dimesso ed evidentemente popolari. Attraverso l'arco che permette di accedere a via balbi scorgendo la locandina votiva dedicata alla santa che dà il nome alla salita. Via balbi mi appare sotto una luce diversa, osservo un palazzone di cui una metà conserva ancora i segni dei bombardamenti dell'ultima guerra, non ci avevo mai fatto caso, o meglio lo avevo sempre visto senza guardarlo veramente. Subito dopo il Palazzo Reale, così chiamato da che la famiglia Savoia lo acquistò dai Balbi per adibirlo a residenza genovese. Un palazzo seicentesco di una bellezza sfolgorante. Percorro via balbi superando la sede dell'università anch'essa appartenuta alla famiglia balbi e successivamente ai Gesuiti che ne fecero un polo didattico già dal 1775. Entro in piazza dell'Annunziata e scorgo la Basilica della santissima Annunziata del Vastato, un misto di tardo manierismo e barocco. Lì c'è un attraversamento pedonale e se non fosse stato per un gentile tassista che mi ha urlato di stare attento sarei finito investito dalle auto, tanto ero perso nell'ammirare le guglie dei due campanili. E via così, tutto un guardarmi intorno e scoprire cose mai viste nonostante che quello fosse il mio percorso da anni e che fossi nato e cresciuto nel centro storico.
In classe, quella mattina, discutemmo a lungo delle nostre impressioni. Io personalmente scoprii per la prima volta Genova, cosa significasse vivere in una città ricca di storia, a quante cose mi passavano davanti agli occhi che semplicemente ignoravo. Tutti i miei compagni raccontarono dettagli riguardanti le rispettive "scoperte". Il nostro prof di lettere e storia ci guardava sorridendo mentre facevamo a gara per arricchire i nostri racconti di quante più immagini potevamo. Poi, con molta calma, ci disse che quello era il modo di affrontare le sue materie, attenzione ai dettagli, perché dietro alle singole parole non c'erano solo giochi stilistici ma sentimenti ed emozioni, riflessione sui fatti perché la storia non era solo date e celebrazione di eventi, ma carne e sangue di uomini che quegli eventi li hanno vissuti. Uomini che parlavano in un certo modo, che sognavano, lottavano, che semplicemente avevano vissuto lasciando un segno del loro passaggio perché noi si potesse godere di un presente diverso e più ricco rispetto al loro. Dovevamo "sentire" i racconti, i romanzi. Dovevamo "ascoltare" le voci degli uomini che avevano vissuto le vicende di epoche passate. Chissà che fine ha fatto fratel Raffaele, della scuola di San Giovanni Battista De La Salle, con solo un vestito per l'inverno e uno per l'estate, ma ricchissimo di universi e mondi da regalare.

Tutto qui. Come potete osservare … facezie.


© 2015 di Massimiliano Riccardi.

45 commenti:

  1. Altro che facezie. Il tuo professore delle medie meriterebbe un premio per aver proposto un simile "compito per casa" con la relativa successiva discussione in classe, è così che si sveglia nei ragazzi l'amore per il bello e per l'arte, non costringendoli a ripetere a memoria poesie che, imparate a forza, sembrano più una filastrocca poco infantile e pressoché incomprensibile.

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    1. Ariano, un applauso a te!
      Se tanti insegnanti facessero così forse gli studenti sarebbero meno stufi!
      Quel prof ha insegnato il bello e a trovarlo e riconoscerlo. Ha instillato in quei suoi allievi la curiosità e la voglia di condividere e capire!
      Chapeau!

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    2. Non a caso Patricia, lo porto nel cuore dopo più di trent'anni.

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  2. Grazie Ariano, devo dire che posso ritenermi fortunato da questo punto di vista, ho avuto insegnanti che "ci tenevano" o forse erano semplicemente altri tempi. Non lo so. Non mi vergogno a dirlo ma mentre scrivevo, ripensando ad altri episodi di quegli anni, mi sono venuti i lucciconi. C'era la crisi del petrolio, le brigate rosse sparavano tutti i giorni (la mia città ha pagato un prezzo altissimo), c'erano pochi soldi in giro, gli attentati di stato e non scuotevano il Paese, i famosi anni di piombo insomma. Per me, a quei tempi la scuola era un porto sicuro. Fuori il caos.

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  3. Che meraviglia essere cresciuto nel centro storico di Genova. Conosco bene quelle strade di cui mi parli. Per anni, venendo lì per lavoro, ho alloggiato all'hotel Helvezia proprio in piazza dell'annunziata (che però ricordo chiamarsi in realtà "Piazza della Nunziata", no?).

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  4. Ciao Obsidian, ho appena letto il tuo post INTERESSANTISSIMO, molto particolare. Si la piazza si chiama così. Tempi di scorribande in via Prè a farci inseguire dai vigili. Altra Genova quella dell'infanzia anni '70.

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  5. A me è successa una cosa strana a questo proposito lo scorso luglio in vacanza. Ho rivisto, dopo quarantuno anni, la località di mare dove andavo in vacanza da bambino. C'è una strada davanti al campeggio di cui a memoria non ricordavo per niente le caratteristiche, però a rivederla, ed ecco la cosa strana, mi sono reso conto di averla vista così com'è varie volte nei miei sogni notturni.

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  6. Ciao Ivano, credo che tutto ciò attenga alla capacità della mente di conservare senza averne coscienza quello che in qualche modo ci ha condizionato nei primi anni della nostra vita. Oso di più, senza scendere in particolari, alla capacità della mente di immaginare il "divenire" di cose che appartengono al passato. Ecco lì il déjà vu,

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  7. CCiao Massi, chiamale facezie tu!
    Questi ricordi sono favolosi! Il tuo prof era favoloso! Quanto vi ha insegnato con una cosa da "niente".
    Cercare il bello, trovarlo, ammirarlo e parlarne. Dici niente....

    I ricordi poi sono una parte importantissimi di noi, a mio parere. Sono la nostra vita, segno che l'abbiamo vissuta. Sono sensazioni, umori, gemiti che ci hanno dato qualosa di importante, nel bene e nel male.
    Cosa saremmo senza?

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    1. Sì Patricia, e devo dire e più invecchio e più mi aggrappo a certe cose. Non fosse altro per trovare risorse quando la lotta per crescere le mie jene si fa dura.

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    2. Crescere le jene.. ahhahahhaahha. Se sono i figli aspetta che diventino uomini o donne e poi ne riparliamo!!!!

      Non si vive di passato però ricordarlo è un bene, secondo me. Ci porta a fare confronti tra quello che eravamo e quello che siamo, cosa avevamo e cosa abbiamo.
      Possiamo apprezzare maggiormente alcune cose o ritenere altre meno importanti di cosa pensavamo.
      Ma sono ricordi o è esperienza di vita?
      Oppure ancora, sono i ricorddi che fanno parte dell'0esperienza di vita? Sì, forse, sì!

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  8. Sì sono i figli le jene, sparpagliati tra una moglie e l'altra. Per rispondere al tuo quesito, alcuni ricordi si sono trasformati in esperienza di vita. per il resto, nemmeno io vivo nel passato, ma a volte mi ci rifugio segretamente, come un piumone in una sera d'inverno sotto cui ti accoccoli coprendoti anche il capo e tutto fuori diventa silenzio.

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  9. Mi hai fatto girare per la mia Genova, e quando ho sentito via Balbi , ho avuto un sussulto..Ma Massimiliano è genovese...
    ? Che bello, che felicità!
    Devo imparare a camminare come mi suggerisci , verissimo, quante cose ci sfuggono e quelle che descrivi non sono affatto facezie..Le starei a sentire per molto tempo..
    Buona notte amico mio!

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  10. Ciao Nella Ma sei genovese anche tu? Ti mando un bacione grande... per tutto

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    1. Si sono genovese anch'io..e il mio bacione della buonanotte te lo invio triplo Massi!

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    2. Wow Nella e io me lo becco tutto al volo anche, ciao, grazie per la bella visita.

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  11. Eh, quante volte capita anche a me di alzare gli occhi e vedere, ad esempio, sulle facciate delle vecchie case o agli angoli delle chiese una decorazione, un'edicola, un fregio di marmo a cui non avevo mai badato... una porta che ho sempre visto chiusa oggi è aperta e intravedo un cortile che era lì a due passi da me anche quando ero bambino e passavo in quella strada con mia nonna, ma che esiste solo adesso. . getto uno sguardo e vedo un'altro universo, pietre ed erba e piante... la corte del Re Cremisi.
    Un altro portone si apre. In una delle ultime corti interne della mia città non toccate dalle ristrutturazioni, vedo i campanelli ottocenteschi, quelli con l'asta di metallo che si tira, il piccolo portico invaso dai rampicanti e un'enorme insegna di legno sbiadita mi racconta che quella era una rivendita di ghiaccio.
    Magari presto diventerà l'ennesimo ristorante (se il portone è aperto ci sarà un motivo).
    Chissà quante altre cose vicine anni luce da me non farò in tempo a vedere.
    Che fine avrà fatto Fratel Raffaele? Sbaglierò, ma ritengo improbabile che sia diventato vescovo...

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  12. Ciao JD, che piacere. In effetti chi fa bene il suo lavoro e con passione difficilmente ottiene riconoscimenti dalla massa di mediocri che gli sta intorno. Fratello Raffaele ha fatto tutta la vita l'insegnante. Di dove sei tu?

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    1. Io sono di Lucca. Bellissimo posto. Per una breve visita, voglio dire.

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    2. Scusa, dimenticavo di farti i complimenti per il post. E' un pezzo interessante, che fa riflettere.

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    3. Ti ringrazio tanto per il complimento che mi rende felice. In merito a Lucca, che ho visitato, è bellissima. Sei fortunato a vivere in Toscana.

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  13. Molto bello il tuo pezzo! È un mondo che non c'è più come quello di ognuno di noi, della nostra fanciullezza. Non so se questo che condividono i bambini/ragazzi di oggi darà loro le capacità che il nostro passato sta dando a noi. Per noi si trattava di immergersi in un mondo preesistente e farlo proprio, migliorandolo, modificandolo, piegandolo ai nostri bisogni e desideri. Oggi, invece, manca il raffronto con la Storia, col passato. Quello che si costruisce è sempre ex novo, basato solo sui propri bisogni/desideri che però spesso sono solamente indotti dal mercato. Come giustamente diceva tempo fa Gigi Proietti (parlando degli attori), una volta dovevi fare la gavetta nei teatrini e i palchi di paese e solo dopo passavi al teatro e infine al cinema. Oggi si comincia coi talent anche se non sai fare niente, e naturalmente senza esperienza o sei un genio di natura o finisci a non avere futuro. E tutto questo abbassa anche il livello generale dell'arte. Parlando di insegnanti, io ne ho avuto uno di Storia dell'Arte che aveva questa lungimiranza. Vivendo a Crotone che è stata un grosso centro della Magna Grecia, faceva lezione portandoci in giro sia nel sito archeologico, sia nella parte vecchia della città che è un'insieme di stili architettonici di tutte le epoche.

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    1. Ciao Juan. Hai centrato il punto. Scrivendo devo dire che a un certo punto non pensavo nemmeno più al pubblico del blog, mi immaginavo di raccontare questo aneddoto ai miei ragazzi, nuovamente. Mi rendo conto che nonostante i problemi, i pochi soldi, il clima sociale in cui siamo cresciuti noi, che era duro, tutto sommato siamo stati fortunati. Il nostro era un mondo fatto di condivisione reale, di parole dette guardandosi negli occhi, di abbracci, di strette di mano, di polpastrelli che accarezzavano la carta. Ora è tutto realmente virtuale, anche i sentimenti e le emozioni sembrano filtrate dal corso degli eventi mediatici, bà speriamo in bene, credo che si stia prendendo una deriva che allontana l'uomo dall'uomo. Tutto è più veloce e si possono raggiungere persone in ogni parte del mondo, ma a cosa vale tutta questa velocità se ci incontriamo in corsa senza soffermarci su ciò che realmente significa conoscere.

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    2. solo una cosa, leggendo la tua risposta: una volta si andava più lentamente ma si aveva una meta, oggi si corre, ma verso dove? Mi viene in mente la canzone di Jannacci, "Mario": "Ma tu guarda i miliardi che spendono / a prendere i sassi nel cielo / questi prendono, vanno, vengono, / non fanno niente, è solo un volo / noi quaggiù ci sbraniamo, / ridiamo ti amo... ". Ecco, oggi mi sembrano tutti come quelli che spendono miliardi per prendere i sassi dalla luna quando quaggiù c'è un miliione di cose da fare, nel bene e nel male. Grazie ancora del post!

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    3. Juan, grazie a te per il bellissimo commento. E' così, non posso che essere d'accordo con te. La tecnologia, la rapidità nel raccogliere informazioni dovrebbero esistere per avvicinare gli uomini, per usare anche io una metafora "lunare",sembra invece che il progresso sia come il famoso dito che indica la luna: tutti a guardare il dito invece che lo spettacolo che ci propone.

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  14. Ciao fanciulli! Vi condivido in pieno Massimiliano e Juan.
    Ai miei tempi, e non correvano già più i dinosauri in cortile ahahhhahahahah, era tutto più vero.
    Le litigate, la pace fatta, gli abbracci, l'aiuto che ci si dava.....

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    1. Ciao Patricia, proprio vero. Vorrei che si potesse trovare il modo di integrare vecchi valori con il "nuovo che avanza", dovrebbero essere complementari. Comunque...colpa tua e di Cristina se ho scritto questo post... ci siamo capiti eeeh? Io non c'entro se è venuto male hahahaha. Un bacione.

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    2. Non facciamo lo scaricabarile eh.... :))
      Altrimenti quando ti sorteggio per l'acronimo chissà cosa esce :P) ahahahahahahahahah
      Bacio!

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    3. Ussignur, ritiro tutto, ritiro tutto hahahaha

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  15. Quello che hai descritto è un frammento destinato a rimanerti dentro. E mi ha commosso l'immagine del professore che invita i suoi alunni a spingersi oltre l'orizzonte. Anch'io conservo intatta la figura del mio insegnante di lettere, le sue parole, la sua voglia di insegnare e la passione vera con cui ci aiutava a capire meglio noi stessi. Osservare tutto diventa un'abitudine, un vizio, dal quale è difficile poi staccarsi. Per fortuna...

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  16. Valentina, Valentina, abbiamo ricevuto un vero e proprio imprinting... per fortuna. Grazie per la visita nel blogghetto senza pretese. Un abbraccio.

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  17. Ciao Cavaliere, grazie per la visita. A presto.

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  18. Tema meraviglioso, ma tema che non lo avrei capito o vissuto con interesse, ero un ragazzino ingenuo e superficiale che pensava solo al gioco, agli amici ed al divertimento.
    La scuola e lo studio erano solo una rottura. :-p

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  19. Ciao Raffaele, come tutti, come tutti i ragazzini ma i discorsi vanno ovviamente contestualizzati, in quella scuola si era creato un clima molto produttivo e ogni tanto capitavano cose simili. Poi sicuramente a quell'età il gioco e il divertimento erano una priorità, e ti dirò eravamo pure delle teste matte, ma ogni tanto...

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  20. Ho imparato anche io a guardarmi intorno. Purtroppo non me l'hanno insegnato e l'ho imparato da me: tardi. Ho di sicuro perso tante cose.

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  21. Ciao Alessandro, sarebbe bello pensare che bastano gesti del genere per insegnarci a vivere. In realtà la vita ci insegna che abbiamo ancora molto, troppo, da imparare.Però è bello commemorare chi ci ha provato... a lasciarci un messaggio di speranza.

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  22. Ciao a tutti!
    Io ho iniiziato a farlo molto tardi, quando sono venuta ad abitare qui in collina e andavo a passeggio con la mia (allora) bimba.
    Assieme abbiamo scoperto cose "stranissime", come vedere un seme che germoglia stando semplicemente appoggiato sul terreno. Da una parte uìil germoglietto e dall'altra le radici.
    E' così che insieme abbiamo imparato a guardarci intorno anche quando eravamo in città. Non sempre, dipendeva dalla fretta. Di certo quando andiamo a passeggio lo facciamo e scopriamo particolari architettonici o obbrobri come gli infissi di alluminio in antiche bifore che prima ci erano sfuggiti.
    A quel punto però ci rendiamo conto di una cosa.... triste ma non irrimediabile: quante cose non conosciamo della città dove siamo nate!
    Buona domenica

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    1. Ciao Patricia, bella riflessione. In effetti, la colpa è della vita turbolenta che ho avuto, ho iniziato realmente a "guardarmi intorno" grazie ai miei figli, attraverso gli occhi e grazie allo stupore per le cose del mondo dei miei bambini.

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    2. Ciao Massi, ed è bello scoprire insieme, vero?
      In un certo qual modo è una crescita che facciamo insieme a loro.
      Di imparare poi non si smette mai!

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    3. Sì, alla fine è tutto ciò che conta veramente, il resto è solo fuffa.

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  23. Sono stata a Genova alcune volte, splendida città.
    Ovviamente la conosco poco, ma in quella via ci sono passata, me la ricordo Via Balbi, non so come mai.
    E la tua descrizione me la riporta alla mente.
    Bravissimo il tuo professore di lettere. Questo significa insegnare. Come John Keating (L'attimo fuggente), come pure il mio maestro delle elementari o l'insegnante di italiano di mio figlio (alla primaria) .... insegnare non solo nozioni, andare oltre ....... non sono facezie....
    Bellissimo post, bravo!
    Il post di Patricia l'avevo letto pure io.

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    1. Grazie Squitty, Genova è una città maledetta/maledetta. Per il resto, è proprio vero, tutto parte dalla scuola.

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